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andava alla fontana. A momenti, invasa da insolita allegria, cantava come un’allodola, correva e rideva pazzamente; poi cadeva in tristezza, taceva, spesso piangeva segretamente. E zio Gavino, occupato nel suo eterno stradale, non si accorgeva di nulla.

Dallo stradale Jorgj Preda fremente e cupo, fissava gli occhi attraverso i vetri della piccola finestra, seguendo ogni movimento dell’ingegnere e della piccola strega che lo aveva ammaliato.

Nanìa indossava un corsetto di broccato molto consunto, allacciato sul davanti da una molteplice incrociatura di nastro rosso, sulla camicia dalle larghissime maniche abbottonate ai polsi. Intorno al sottile collo rosseggiava una rozza collana di corallessa: ella era scalza, a testa nuda, e recava un boccale d’acqua nella camera dell’ingegnere.

E Tiligherda vide dapprima la sua piccola innamorata sorridere melanconicamente al bel signore, e questi avvolgerla tutta in uno sguardo ed un sorriso amabilissimi.