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netto alla vista della fanciulla; e come per timore d’esser veduto da lei, egli indietreggiò con un balzo serpentino. Un cupo presentimento lo teneva sospeso e angosciato, e la vista di Nanìa gli causava un fremito di tenerezza, di desiderio, di gelosia.

Ah, era ben lei, la piccola streguccia sottile e melanconica! Che veniva a fare nella camera del bel signore continentale? Nel suo visino di quindici anni aleggiava una serietà quasi tragica: il fosco pallore della sua carnagione veniva accresciuto dall’aureola dei foltissimi e crespi capelli d’un biondo cinereo.

Ella curvava un po’ il capo verso l’omero sinistro, quasi la massa di quei capelli chiari pesasse sulla sua testa di donnina cresciuta innanzi tempo. Ah sì, ella era cresciuta innanzi tempo; da due anni, infatti, dopo la morte della mamma era la padrona di casa, la massaia e la serva di quella cantoniera perduta nella solitudine della selvaggia pianura.

Nanìa faceva di tutto e non perdeva un minuto di tempo: puliva la farina, cuoceva il pane, allevava le galline ed il porchetto, cucinava e cuciva: solo da qualche settimana pareva distratta, trascurava le faccende domestiche e si assentava troppo a lungo quando