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Dacchè aveva scoperto la cantoniera e s’era innamorato della piccola figlia di zio Gavino, egli si lavava il viso e le mani, e cercava pulirsi le vesti, ma nonostante tutti i suoi sforzi rimaneva nero come il demonio, e la sua berretta ed i suoi scarponi esalavano un odoraccio di mandria. Con tutto ciò, egli sapeva d’essere un bel ragazzo, e Nanìa lo amava come un idolo, egli ne era certo

E Nanìa non si vedeva ancora. Mille brutti pensieri cominciarono ad agitare il giovinetto, facendosi più dolorosi a misura che l’ombra della pertica si allungava sull’erba del ciglione. Con gli occhi semi-chiusi, più tristi del solito, egli fissava l’estremità dello stradale, ma nessun’anima viva attraversava l’immensità della campagna circostante.

Nel caldo meriggio primaverile, i boschi di soveri, intricati di cisti, di corbezzoli, di vepri tranquilli e silenziosi, avevano nelle foglie fresche e lucide, il riflesso del cielo chiaro e perlaceo, stendendosi a perdita d’occhio sino alle vanescenze, dell’orizzonte.