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giovine alto e bello; e svegliandosi provò uno stringimento al cuore.
S’alzò che era ancor notte: nella cucina stavano disposte in fila le bisacce colme, pronte le briglie, i freni, gli sproni ripuliti. Nel cortiletto i cavalli ruminavano: e nel silenzio dell’aria tiepida risuonava di tanto in tanto il rumore metallico delle loro zampate sul lastrico umido di rugiada.
Sarra guardò, ascoltò, accese il fuoco, mise a bollire il caffè e ricominciò a lagrimare.
Il padre che dormiva su una stuoia, si svegliò e sbadigliò; poi chiese con voce assonnata e rude.
— Che cosa hai? Perchè piangi? —
Sarra si sentì intenerire, ma nello stesso tempo ebbe paura, scoppiò a pianger forte e non rispose.
Il padre s’alzo e curvandosi su una bisaccia la sollevò come per provarne il peso.
— Che il diavolo ti tolga le scarpe, — diceva intanto a Sarra, — tu vorresti venire alla festa di San Costantino?
Ella continuò a singhiozzare, col viso nascosto nel grembiale. Il padre le si rivolse minaccioso:
— Rispondi a tuo padre. Vuoi o non vuoi venire alla festa?