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un lato, dall’altro gettavano lunghissime ombre sull’erba oscura. Un silenzio altissimo, una quiete arcana. Si sentiva la rugiada cadere e fondersi alle fragranze notturne.
Il servo s’era alquanto assopito, ma anche nel sonno, inquieto, lievissimo, pensava confusamente e aspettava.
Udì da lontano i passi di Giame e si svegliò ma non si mosse, e rinchiuse gli occhi quando il giovine padrone gli fu vicino.
— Ghisparru? Balio? — chiamò Giame. — Dove sei? —
L’altro zitto; ma sentiva battere violentemente il cuore. Alfine Giame lo vide, si accostò, si gettò sull’erba.
— Balio, svegliati, son io! — disse, scuotendolo.
Il servo finse svegliarsi, si sollevò e fissò Giame in volto.
La luna brillava davanti a loro, facendo scintillare i lunghi steli del fieno e attraversando le rosee coppe dei papaveri.
— Cosa vuoi? — domandò il vecchio servo. — Perchè sei così pallido? —
Poi si pentì di questa domanda. Pensò: ho fatto male! Non dovevo accorgermi di nulla!
Giame non sapeva come cominciare: sen-
9 - deledda. La regina delle tenebre. |