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Si sentiva tutto caldo, tutto invaso da un torpore delizioso. Anch’egli — il vecchio eremita! — s’era presa la sua piccola sbornia.
A un tratto vide entrare e avvicinarglisi un uomo. Distinse tosto il fazzoletto azzurro di Bellia, e trasalì. Si sarebbe detto che l’ex servo gli causasse una specie di terrore fisico.
— Cosa vuoi? — gli chiese.
Bellia si sedette per terra, vicino alla porticina, e parlò. Aveva la voce rauca, il respiro ancora impregnato d’odor di vino, ma sembrava meno ubbriaco di prima.
— Cosa voglio? Aspetto il dottore, il piccolo padrone. Lo vedi laggiù, vicino al fuoco? È tutto allegro, la sua faccia di lievito s’è colorata. Non lo vedete, zio Juanne Battista? — (gli dava ora del voi, ora del tu).
— Io non vedo nulla — disse il vecchio.
— Voi non vedete nulla, ma io ci vedo benissimo. C’è una ragazza alta, fina come un fuso, con gli occhi azzurri e il viso più bianco della sua camicia. Non la vedete? Siete cieco? Il piccolo dottore le sta vicino e le dice: recitami una cloba del tuo paese, bellina. —
Bellia con gli occhi fissi lontano, si mise a canterellare un ritornello logudorese; poi disse:
— È allegro, il piccolo dottore: tu credi che non è ubbriaco anche lui?