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come in fragrante lavacro nella visione della sacra natura, ch’ella intuiva e capiva potentemente; ma neanche allora si sentiva serena; anche là la perseguitava l’idea del tempo fuggente, della vanità delle cose.

Chi maggiormente risentivasi della malattia morale di Magda era il fidanzato lontano. Ella non gli scriveva più, o gli scriveva lettere aspre, rinfacciandogli strane cose. Lo trovava volgare, e spesso, irritata contro le miserie del mondo e le perfidie della società, riversava sopra di lui tutta la sua amarezza. Poi se ne pentiva, ma era un pentimento debole e fugace. Un giorno, finalmente, esaminandosi bene, credè trovar la causa del vuoto tenebroso che la circondava. Le parve di non amar più il fidanzato, e alla vigilia delle nozze ruppe il lungo sogno da lunghi anni accarezzato. La chiamarono pazza, e infatti, sotto gli archi congiunti delle sue sopracciglia nere aggrottate, gli occhi nerissimi avevano un pauroso fulgore di follìa.

Anch’essa crederà di esser pazza, talvolta, e disperava di tutto. Fu in quel tempo che la sua esistenza si fece del tutto strana. Ella non uscì più di giorno dalle sue stanze: usciva di notte, vagando in carrozza per le campagne dormienti. Vestiva di nero, e sui capelli scuri