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— E chi lo sa? Lo so io! Ma voi non lo sapete! Voi siete figlio di Sant’Antonio: ed io sono figlio delle mie opere.
— Belle opere! — disse dama Lillica, avviandosi verso chiesa.
Bellia si volse, la seguì con lo sguardo, rise ancora.
— Preghi bene, monsignora, preghi per tutti, per gli uomini e per le bestie, per le volpi e per le lucertole, per gli avoltoj e per le colombe...
— E per gli asini! Va, va, va e coricati! — gli ripetè Ghisparru, minaccioso.
— Sì, vado e mi corico, perchè sono ubbriaco. Ma non è tutto vino quello che ho in corpo; c’è altra cosa, c’è fiele, c’è assenzio, c’è tosco, ci son coltelli. Vado, vado, ma non si arrabbi, lei, piccolo dottore; ma dopo, quando sarò sano, parleremo. E anche con quello lì! —
L’ubbriaco si volgeva sempre verso il custode, fissandolo coi suoi piccoli occhi cisposi, ardenti.
Anche zio Juanne lo guardava; e gli pareva averlo veduto altra volta, e un ricordo indistinto, quasi affannoso, gli sfiorava la mente, senza lasciarsi afferrare.
E anch’egli diceva: