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Sono venuto ad interceder Santu Juanne Battista, che tocchi il cuore di Antonio Dalvy, perchè mi ripigli al suo servizio. Eh! Eh! —
Rideva con sforzo, con malignità. Giame e il custode erano dentro la stanzetta. Ghisparru toglieva le briglie ai cavalli, e vedendo Bellia e accorgendosi anche che costui era ubbriaco, lo guardava con disprezzo.
— Ohè! — gridò. — Non è luogo qui di cercar affari. Tu sei venuto solo, noi siamo venuti soli: va dunque per il fatto tuo. —
Bellia sulle prime trasalì, poi riprese a ridere, fissando il servo.
— Oh, oh! Vi sei anche tu, balio? Bene, parleremo anzi d’affari con te, e con la dama e col figlio di latte...
— Va e coricati! — urlò Ghisparru, andandogli sopra.
— E anche con quello lì! — urlò a sua volta Bellia, additando zio Juanne, che usciva con Giame.
Il vecchietto lo guardò stupito, e, con quella veste, non lo riconobbe. Ma anch’egli s’accorse che quell’uomo era ubbriaco.
— Non mi riconoscete, zio Juanne Battista, figlio di Sant’Antonio?
— Tutti siamo figli di Dio! — rispose il vecchio offeso. — E tu di chi sei figlio? E chi lo sa?