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passava, la morte veniva. Ah, era questo il male di Magda, o almeno, in certe ore d’analisi, a lei pareva fosse questo il suo male.

Ella sentiva il tempo passare, sentiva la vanità d’ogni cosa, e in fondo aveva una terribile paura della morte. Questa paura le avvelenava la vita, la vita alla quale, ella, che pur credeva di dominar gli eventi con lo scrutare il passare inesorabile del tempo, era così tenacemente attaccata. L’idea della fine le gelava in cuore ogni slancio, ogni gioia, le essiccava ogni idea di piacere. Così ella almeno credeva.

Cominciò a diventar cupa, raccolta. Se andava in società, se nei divertimenti si stordiva, al ritorno provava un cupo disgusto di sè stessa. Ebbene, ecco che il divertimento era passato: perchè ella s’era stordita così scioccamente, dimenticando che il tempo passava?

E se poi l’istinto la trascinava a ricordare, e ricordando a sentir ancora la soddisfazione dei suoi trionfi, della sua eleganza, del suo lusso, un demone le ghignava dentro, sbeffeggiandola. Allora ella si ritraeva disgustata, meravigliata del come s’abbandonava ai piccoli pensieri della vanità femminile.

Cominciò a non uscir più neppure a passeggio: solo andava in campagna, tuffandosi