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tramandar la sua parte, non solo, ma per poterla ritenere per sé stesso, ogni uomo deve legarla ogni volta nei suoi frammenti σὺν αἰτίας λογισμῷ. Bisogna far tesoro dell’esperienza».
Nuovamente c’è nell’αἰτία e nel λογισμός, l’anticipatio: quale è l’αἰτία, quale il possibile λογισμός di chi non ha ancora la verità, ma deve attender la fuga dei millenni per averla? O se ha l’αἰτία, che bisogno ha di preoccuparsi ancora della realtà? Quale la sazietà di chi non ha mangiato, e quale la necessità di mangiare per chi è sazio? – Ma qui sembrerebbe un voler δυσχεραίνειν ἐν τοῖς λόγοις: – qui la ragione ha soltanto la funzione di tener salda questa «esperienza». Ed è pur curioso di saper questa che cosa sia. «Apri gli occhi, gli orecchi, le nari, usa la lingua e le mani ed avrai l’esperienza sana epositiva dei sensi» mi risponderebbe qualunque scienziato.
Ma quest’esperienza, per mia esperienza è una ben strana esperienza.
Quale è il sapore del pane? quello del primo pezzo che mangio quando ho fame o quello che mangio dopo quando mi son saziato? Quale è l’odore dell’arrosto? il buono, il caro, che ogni altro odore vince, quale mi spira incontro s’io cerchi invano il pane o quello del pezzo d’arrosto che avanza alla mia tavola? E l’occhio, che cos’è che l’occhio vede? davvero io credo che