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maggior insistenza lo richiesero che parlasse ancora.

E Platone e per l’amore dei vecchi a novellare e per l’abitudine in lunghi anni contratta, continuò a descrivere ciò che gli si svolgeva sotto lo sguardo. Ma come ormai c’era l’aria terrestre nell’involucro rigido dell’areostato, come ormai la vista era più bassa, così i suoi discorsi non riuscirono più puri e convenienti a ciò ch’egli avreva sempre insegnato. Ma il più vicino e il più lontano, e l’orizzonte più ristretto e sempre vario, e le varie prospettive delle stesse cose lo preoccupavano. – Del resto poco abituato – all’aria più grave ben presto egli morì.



– Intanto la terra s’avvicinava, e gli sguardi dei discepoli ardevano d’impazienza. Con autorità naturale il traditore prese il posto del maestro e con gli stessi modi di lui, come quello che conosceva a fondo il meccanismo, cominciò a parlare per quanto nulla vedesse di distinto, ma per la pratica presa e parlando più del modo come il meccanismo funzionava e del comportamento dell’aria nella leggerezza che di ciò che appariva alla vista. – Quando giunsero in terra egli comincio a introdurre l’una cosa e l’altra nel globo e predicò di tutte la «leggerezza», poi cominciò a osservarle nelle loro vicendevoli relazioni e poiché era fra loro e non sopra loro, andando da una in l’altra col suo meccanismo, cominciò a θεωρεῖν ὑπὲρ πάσης οὐσίας.