Pagina:La persuasione e la rettorica (1913).djvu/90

Va bene, fallo!». Il discepolo s’affaccendava intorno alla valvola, e Platone seguiva melanconicamente i suoi movimenti. Ma d’altronde anche per lui l’altezza vertiginosa, l’aria irrespirabile – la mancanza di tutte le care cose della vita, e del commercio degli uomini – l’immobilità di tutte le cose nel giro dei giorni e delle notti – aveva un sinistro senso di vuoto cui le sue parole non riescivano a riempire – e che non era molto dissimile dalla paura. Sicché quando l’aria cominciò a fischiare penetrando impetuosamente nel globo e svegliò i poveri discepoli dal loro torpore, anche Platone si sentì allargare il vecchio cuore mentre la sua ξηρὴ ψυχή s’inumidiva di desideri lontani.

L’areostato scendeva, i discepoli erano tornati alla vita. «Scendiamo!» «Scendiamo!» altro non potevano pronunciare e questa parola non si saziavano di ripetere che antecipava loro la gioia della quale avevano ormai disperato, la gioia d’aver la terra sicura sotto i piedi, d’esser per sempre fuori, salvi da quella terribile, vertiginosa solitudine.



E mentre Platone suo malgrado era assorto a osservar come l’aria penetrava nel globo, animati dal cambiamento e dalle nuove speranze e resi più curiosi dalla varietà delle cose ch’essi incominciavano a intravvedere ora sulla superficie della terra, gli si strinsero intorno e con