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trovare un μηχάνημα per sollevarsi fino al sole, ma – ingannando la gravità – senza perdere il peso, il corpo, la vita; lungo tempo meditò e inventò il macrocosmo. La parte principale della strana macchina era un grande globo rigido, d’acciaio, che con le sue cure più affettuose per l’alto Platone aveva riempito d’Assoluto – gli aveva levato l’aria, diciamo noi ora. – Con questo mirabile sistema egli si sarebbe sollevato senza perdere del proprio peso – senza diminuir la propria vita.



La partenza fu lieta d’ardite speranze; e l’areostato si sollevò rapidamente dai bassi strati dell’atmosfera.

«Vedete come noi saliamo per la sola volontà dell’assoluto» esclamava Platone ai suoi discepoli ch’erano con lui, e accennava al globo scintillante che li trascinava nella sua rapida salita. «È per sua virtù che noi andiamo verso il sole dove la gravità non domina più, e dai legami di questa, via via ci liberiamo».

(– Veramente noi diciamo ora che la causa della salita dell’areostato non è «il suo voler salire» bensì la caduta dell’aria più pesante di lui. –)

Ma Platone esultava per l’ebbrezza dell’esaltarsi e accennando al globo pieno d’assoluto esclamava: «mirate l’anima nostra!».

E i discepoli che non capivano ma sentivano le vertigini e la nausea della salita, guardavano sbigottiti il maestro, e il globo, e la terra che fuggiva sempre di sotto. –