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per la loro paura della morte, essi fingono un correlativo alla persuasione che si fingono d’avere. Un valore stabile che non s’esaurisce nel giro delle relazioni particolari, ma permane di sotto fermo immutabile. Essi hanno bisogno per la loro φιλοψυχία d’attribuir valore alle cose nell’atto stesso che le cercano, e nello stesso tempo bisogno di dir la loro vita non esser in queste, ma esser libera nella persuasione e fuori di quei bisogni. Perciò il valore di quelle cose non confessano essere in riguardo al loro bisogno finito; ma sotto sotto c’è il valore assoluto nel quale essi s’affermano come assoluti.

Sono ancora cosa fra le cose, schiavi del più del meno, del prima del dopo, del se del forse, in balìa dei loro bisogni – paurosi del futuro, nemici a ogni altra volontà, ingiusti a ogni altrui domanda; affermano ancora in ogni punto la loro inadeguata persona. Ma questo è tutto apparenza, questa non è la loro persona; sotto, sotto permane la loro persona assoluta, che s’afferma assolutamente nel valore assoluto, che ha il valore assoluto: la conoscenza finita. L’uomo si ferma e dice: io so.



Le cose egli non le vive soltanto come ogni altra coscienza più o meno, affermandosi in ogni attualità. Ma egli sa «anche» cosa sono in sé queste cose: egli mangia, beve, dorme, ha peso, cammina, cade, si rialza, invecchia; ma la sua