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ma lo vuoi conservare; per averlo devi rifarlo come ogni altra cosa: e non giungi a un fine. – Far beneficio non è dare o fare agli altri quello che essi credono di volere: far l’elemosina al povero, sanare gli ammalati, sfamare, dissetare, vestire; questo è lasciare che gli altri prendano; non è dare o fare ma è subire.

2°. Non può fare chi non è, non può dare chi non ha, non può beneficare chi non sa il bene: questa attività dei benefici finiti è essa stessa una violenza, poiché mentre s’afferma come attività individuale, è sempre schiava di ciò che vuol continuare nel futuro; in lei s’affermano, chiedendo, i bisogni irrazionali.

È la facile, debole, stupida pietà di chi non sa quello che fa ma vuol illudersi di fare. Se dare agli uomini i mezzi per la vita fosse l’attività giusta – ma generar figliuoli sarebbe divina cosa.

Non dare agli uomini appoggio alla loro paura della morte, ma toglier loro questa paura; non dar loro la vita illusoria e i mezzi a che sempre ancora la chiedano, ma dar loro la vita ora, qui, tutta, perché non chiedano: questa è l’attività che toglie la violenza dalle radici.

– «Questo è l’impossibile».

Già: l’impossibile! poiché il possibile è ciò che è dato, il possibile sono i bisogni, le necessità del continuare, quello che è della limitata potenza volta al continuare, quello che è della paura della morte, – quello che è la morte nella vita, la nebbia indifferente delle cose che sono e non sono: il coraggio dell’impossibile è la