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o fa il contrario: per non poter sopportar il pericolo gli uomini si gettano a certa morte, come le galline che folli di terrore pel passaggio d’una bicicletta, dal sicuro orlo della via piombano nei mezzo, starnazzano disperatamente davanti alla ruota e si fanno schiacciare.1
L’ira, che impotente di fronte al fatto compiuto o alla maggior forza altrui, cresce di sé stessa infinitamente, onde dice il filosofo: χαλεπόν θυμῷ μάχεσθαι· ψυχῆς γάρ ὠνέεται (Eraclito).
Il dolore per una perdita, un danno determinato, che gli uomini credono limitato a questo, ed è invece il terrore per la rivelazione della impotenza della propria illusione; è il tale accidente, la tal malattia, è la morte, è la rovina, la catastrofe di cose date conosciute: – ma è il mistero che apre la porta della tranquilla stanza chiara e scaldata a sufficienza per la determinata speranza, e ghigna: «ora vengo io, da te che ti credevi sicuro, e tu non sei niente».
- ↑ Il ribrezzo non è altro che la paura. Si prova ribrezzo per quelle cose che ci toccano o ci possono toccare, e di fronte alle quali siamo impotenti anche s’esse siano piú deboli di noi. Intendo le piccole rapide bestiole, che s’avvicinano in modo inquietante e sono tenere o viscide o sudice al tasto o svelte negli scarti cosl che sono inafferrabili. – Il ribrezzo di fronte ai mali, il deliquio alla vista dei mali, è proprio della nostra impotenza di fronte a quei mali, che giá ce li fa sentir adesso.