Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 10 — |
Ὁ Ἡράκλειτος γάρ φησιν, ὅτι καὶ τὸ ζῆν καὶ τὸ ἀποθανεῖν ἐν τῷ ζῆν ἡμᾶς ἐστι καὶ ἐν τῷ τεθνάναι.
Ma per quella data quantità di cloro è questione di vita e di morte, da quando, in qualunque modo avvenuta alla vita mortale, ebbe coscienza clorosa. Nella sua deficienza continua essa ha sperato disperatamente, poichè il suo occhio guardava la tenebra e non vedeva cosa che fosse per lei: la sua vita è stata un dolore mortale. Se noi ora le avviciniamo l’idrogeno, nell’oscurità le apparirà una luce lontana indistinta, ed essa si risveglierà nel crepuscolo ad una più precisa speranza, finchè, giunto l’idrogeno nella data vicinanza, essa vedrà tutto chiaro l’orizzonte, ed affermerà la sua vita ormai certa – nel piacere mortale dell’amplesso.
Nella lontananza dell’idrogeno essa mancava di tutto e non vedeva di che mancasse, voleva e non sapeva cosa volesse. Quando è messa in contatto con l’idrogeno, quando l’idrogeno le continge, allora lo vuole. Questa contingenza è nella vita d’altre cose che al cloro sono oscure. Esso non ha via per andare all’idrogeno, non può procurarsi quella vicinanza; non ha in sè la sicurezza dell’affermazione, ma attende inerte. Il tempo gli preterita sempre il suo volere. Non vuole ma vorrebbe,1 poichè la condizione ne-
- ↑ difatti: indicativo: voglio
condizionale: ebbi a volere – vorrebbi – vorrei.