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naturale alla loro sovrabbondanza di vita, per dominarli o per amarli, i loro simili. Ma quanto meno pensarono a trar per sé dal dominio, sfruttando gli altri, i segni convenuti della potenza e «i beni» considerati tali dagli uomini – e più vollero la vita altrui amando nell’umanità e presupponendo in ognuno il valore che sentivano in sé, tanto meno abbagliati dalle cose cui gli altri attribuivano valore, meno aderirono alle vie convenute e più poterono farsi iniziatori di nuove vie. Essi non interrogarono la storia per fondare il loro regno, e il loro regno se non fu di questa terra, più forte si fondò nel cuore degli uomini.1

Per amore essi vollero eliminata la lotta (νεῖκος) di fra gli uomini e dettero loro una legge che questo amore – questa direzione verso l’assoluto, verso dio – presupponendo in ognuno, tutti li faceva fratelli e pel vicendevole rispetto li univa. Nel nome della φιλία «essi si trassero dietro e unirono vaste correnti umane: le molti-

  1. «Haakon: Che cos’è che v’attrae? la corona regale, e il mantello di porpora, il diritto di seder di tre gradini sublime su tutti gli altri; quale miserial se esser re fosse questo – vi getterei il regno nel berretto, come getto l’elemosina al mendico
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    Skule: ... Ma questo è impossibile. Questo è inaudito nella storia della Norvegia.
    Haakon: A voi è impossibile – che altro non potete se non ricalcare la storia: per me è facile come è facile al falco trapassare le nubi.
    ... Ho questo pensiero da Dio e non lo dimetterò...»
    IbsenI pretendenti alla corona – Atto 3° scena .