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dire che nella retina d’un uomo che sta di fronte a un paesaggio, tutto il paesaggio rivive esattamente ma come in quella chiaro vive solo quel punto che ἂν (ogni volta eventualmente) sia in fuoco, tutto il resto apparendo incerto – ché l’occhio vede senza vedere, ma certum habet solo quanto ha visto – ; così, io credo, chi gettasse lo sguardo nella mente d’un uomo comune vi troverebbe una ben strana e deforme imagine del mondo, e degli uomini e di sé stesso: στεινωποὶ μὲν γὰρ παλάμαι κατὰ γυῖα κέχυνται (Emp.). Egli vedrebbe ad esempio il sapore del cibo e l’odore e l’impronta del prendere il cibo, e chi fa il cibo e chi lo vende, confusi in un solo cumulo di disposizioni oscure; e a questo connesso – se si tratta d’un impiegato1 – un altro cumulo con facciate di carte, filze di conti, superfici di tavole, rotoli di denaro, e il senso del denaro nelle dita, e il suono del denaro nell’orecchio, e gambe di seggiole, angoli di stanze ecc. – e un altro con cantonate di strade, insegne di negozi, quadrati di cielo, macchie di sole ecc. ecc. – e le une cose segnate dall’attrattiva, le altre dalla repulsione – e in mezzo ombre d’uomini, chi senza testa, chi senza gambe (segni di riconoscimento: gambe, nasi), chi segnato da un «sì», chi segnato da un «no», e l’impronta d’un bacio o un digrignare di denti, uno sguardo nemico ecc. – e una ridda infemale di nomi, di

  1. Dico «impiegato» perché gli impiegati sono le anime «implicate» per eccellenza.