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il suo andare serve. Egli non è un Mitwisser, συνειδώς, conscius, ma complice in buona fede. –

– Egli non può ricordarsi a lungo dei luoghi per dove è passato – assorbito com’è dagli accidenti attuali della via a guardar dove mettere i piedi. – Quelli lo riguardavano allora quando vi passava, ora sarebbe da ingenuo pensarci così da perder la pista: questa è la realtàla pratica, è da questa che dipende la sua vita. C’era uno che camminava vicino a lui, che lo aveva aiutato nei passi difficili – è sopraggiunto un altro che lo ha atterrato – che ne ha preso il posto; il nostro viandante non può incaricarsi del caduto – egli deve pensare a dove metter i piedi. «Peccato» dice e prosegue e tenta d’ottener la grazia del nuovo compagno perché lo aiuti come l’altro faceva: ché in lui egli non vedeva il compagno ma vedeva l’aiuto. Νήπιος ὃς τῶν οἰκτρῶς / οἰχομένων γονέων ἐπιλάθεται, dice Elettra (145-6). Non è un uomo ma un infante (unmündig) quello che non assume l’ἀντίρροπον ἄχθος del dolore che l’ha toccato in chi era legato con lui, che non risponde di ciò che una volta diceva suo. – Poiché la sua persona d’oggi non è quella di ieri, chi le può dar voce responsabile? «Ma» dice il viandante «μηδὲν ἐπ’ ἀμήχανον – non posso, non devo impegnarmi a fondo – queste son belle cose – εἰ δ’ ἐλεύθερόν με δεῖ / ζῆν, τῶν κρατούντων ἐστὶ πάντ’ ἀκουστέα – io devo pensare a cose serie». E prosegue intento alle pietre della via che sono la serietà, la realtà. Ma questa realtà poi che