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libro quarto. 89

Di Saturno rimena e il viver dolce.
455Di tanto ben, di tal dovizia un nume
Privilegia la terra, che l’armento
Lieto pasce dell’agne; e così Giove
Fermò nel suo consiglio, allorchè Frisso
Scampando di sventura, al sacro lido
460Venne di Colco, e l’aureo vello appese
Nella selva di Marte: alle venture
Età fatica e glorïosa meta.
     Pe’ medicati germi al suol commessi
Dall’empia Ino, moriano alle Tebane
465Genti ne’ solchi le sperate indarno
Fallaci biade: e cruda era la fame
D’ogn’intorno, e le ville erano in pianto;
Deserti i campi, e stanca de’ cultori
La speranza. Feroce allor dall’alta
470Cadméa rocca parlò degli adirati
Numi la voce; e promettea, che tolta
Saria l’orribil fame, ov’Elle e Frisso,
I miseri fratelli, al re figlioli,
Cadessero alle patrie are trafitti.
475Così della madrigna Ino l’acerba
Vendetta s’adempìa contro la prole
D’Atamante, e l’oracolo bugiardo