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libro quarto. 83

310Appajon l’erbe, la ritrar dai paschi
In tutto è meglio; chè perigli assai
Schifar t’è dato nell’ovil. La molle
Di notturna rugiada e fredde piove
Erba le nuoce; subite paure
315Le danno i visti lupi, e terror vano
Gli augei che di repente escon volando
Fuor dalle macchie, e il fiammeggiar de’ lampi,
E il correr greve di vicini tuoni
Che ne le valli in suon cupo si perdono.
320Per non molto cammin soavemente
Da te fia scorta; e non t’incresca ir lento
Innanzi, e soffermarti ove la via
Difficil monti, o fra burroni e sterpi
Rapida si disserri e discoscesa.
325Quando la sesta luna al moribondo
Raggio s’inaura del fratel, che mesto
Nel freddo albergo di Chiron s’accoglie,
Del prossimo travaglio manifesti
Eccoti i segni alle fattrici: e il sangue
330Turge, enfiando le poppe, e si fa latte,
Che provvidente la natura in serbo
Ai nascituri agnelli ivi condensa.
Ai figli che verranno e alle nodrici