70Più infelice così forse la vita
Si fè’ dell’uom, dappoichè vizi e morbi
Contaminàr la prisca età degli avi;
Chè di tempre più vil sortendo i corpi,
I venuti da quelli ingeneraro 75Peggior la prole; nè la forza antica
Più si conobbe delle membra, e corto
Più che natura non lo fea, s’afflisse
Il viver nostro, e d’infinite prede
Innanzi tempo si arricchì la morte. 80Nel dì che di viventi alme fea bella
Amor la terra, e non per anco uscite
Fra gli animali eran contese e risse,
La mite pecorella in libertade
Pascea l’erbe de’prati, e nella vista 85Tutti accogliea dell’innocenza i vezzi.
Ma poichè, orribil pasto, entro gli artigli
Delle belve cadea, raminga allora
Andò selvaggia nell’orror de’ boschi
A ricovrarsi; e i mal sortiti amori 90E i pascoli insalubri, il primo aspetto
Scambiâr dell’agna, che sì bella apparve.
Debil quindi non varca oltre a duo lustri
L’inferma, e raro e raggruppato e scuro