E prima e salutar legge ti sia 380Dell’ovil la nettezza e dell’armento;
Perocchè la bruttura, a cui s’ammoglia
Poscia ogni morbo, fermentando esala
Tetre mefiti, e di gran lezzo ingombra.
Ne’ di festivi all’aurea Pale, in bianchi 385Lini ravvolto, e coronato il capo
Di schiette frondi, il supplice pastore
Circuiva le greggi; e il conseguia,
Devoti inni cantando, l’innocente
Coro di verginelle e di fanciulli. 390Poi lustrando l’ovil con prieghi e voti
E pura fonte, v’addensava il fumo
Dello zolfo vivace; e il casto ardendo
E crepitante alloro, e l’odorato
Gàlbano, amica t’invocò dal cielo 395Sulle raccolte pecorelle, o Diva.
Ma i numi indarno or pregherà clementi
Chi di sè stesso non adopra e vede;
E poltrendo infingardo e disattento
Sue speranze commette alla ventura. 400Se la nettezza dell’ovil ti salvi
Da rei malori il gregge, alto il concime
Non vi giaccia negletto, o la corrotta