Questo dolce desio, questo diletto
(Se dopo tanti mali al travagliato
Terren d’Italia alcuno Iddio permette
Qualche riposo e securtà dall’armi) 455Addurrà a fin candida Pace. Indegno
Non è per certo, o Dea, che dall’eterno
Olimpo ove ti siedi, un guardo inchini
Serenatore a la diletta terra:
Prisco seggio de’ numi, alma nodrice 460Di chiari ingegni, e madre all’arti belle,
Che tutte a un tempo le raccolse e crebbe,
Esuli di lor nido, e le protesse.
Deh qui scendi, beata; e le tue sante
Orme accompagni la virtude antica 465De’ nostri padri; e ti consegua il coro
Delle sapienti Muse, e l’aurea Temi
Di buone leggi servatrice, e Palla,
Cui diè Giove per senno a tutte l’altre
Prevaler delle dive e per consiglio. 470Teco la prisca fede, e teco il casto
Pudor ne vegna e l’utile fatica;
E amor verace, che le occulte fiamme
Spegne d’ogn’alma ambiziosa, e frena
I discordi voleri e le procelle