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libro sesto. 133

E le furo d’intorno riverenti
Con ospitali uffici in nobil gara.
E chi bei lombi in pingue adipe avvolti
480Proferiale cortese, e chi ricolme
Di buon vino le patere, e le terse
Idrie di fresca empiendo e lucid’onda,
Porgeva a quella afflitta, onde n’avesse
Conforto alcuno. Non però le dapi
485Gustar le piacque o rubicondo vino;
Ma sibbene di queste alla più vaga,
Recami, disse, un’ampia tazza: e quella
La rintracciò fra quante in serbo avea
Bellissime la madre; ed alla Diva,
490Tersa che l’ebbe in molla onda, la porse.
Fattasi indietro allor la vesta, e tutte
Le d’ambrosia olezzanti discoprendo
Rosate braccia, sì che Diva apparve
D’incorrotta bellezza, entro la coppa
495Di ben cernito riso e farro mise
Molli farine, e in calda acqua stemprando
Quella mistura, l’odorò di trito
Puleggio e d’appio e di selvaggia menta.
Di questa ella soccorse al travagliato
500Animo, e nuova lena all’ansio petto