Per l’Olimpo vaganti, e fosca ed ampia
Rutila nube l’accogliea, cadente;
Che di sè tutto poi vestendo il cielo,
Nella tacita notte agli arsi campi 265Contendea la rugiada. In larghi solchi
Tutto apriasi il terren, cui lievemente
Lambian vampe notturne, e al secco vento
Fremean le spiche inaridite e vote.
In tanto aspro travaglio, ultimo apparve 270Lo sconosciuto morbo, e primo colse
All’uomo. E lieve penetrando i corpi,
Di lievito mortale alzò le bolle,
Cui rossicce da pria, più scure ed adre
Fe’ la tabe crescente: allor suffuso 275L’occhio di sangue ardea come facella,
Ed un acre fervor l’intime sedi
Possedea della mente, onde le dure
Vigilie erano presso, e del turbato
Spirto la tema e le mortali ambasce. 280Se non che d’ogni affanno a fin li trasse
Invocata la morte; chè di schianze
Gli egri corpi coprendosi, disciolte
Di cotanta sozzura uscivan l’alme.
Gli arsi colli pertanto, e le soggette