Seco le pecorelle il buon pastore,
Le sopponga all’acciaro; e dolcemente
Da vincigli mollissimi costrette
Nelle gambe e ne’ capi, in su la pelle 265La bianca lana di tosar consigli.
Ma badi allor che a impaurir non s’abbia
La confidente agnella: o con mal piglio
L’assesti il mandriano, o la costringa
A incomode posture, o mal l’annodi; 270Chè nel divincolarsi inutilmente
Tenta uscirgli di mano, e nello sforzo
Sè offende, e contro al ferro urta e si fiede.
Molti vid’io tra il corpo e le scorrenti
Forbici eburneo pettine frapporre, 275Su cui radendo i velli il timor cessa
Di ferirne la cute. Agevol questa
S’alza col vello, e l’affilato acciaro
Seco la porta; allor del sangue espresso
Si fanno atri i bei fiocchi, e mal lo arresti 280Con medicata polve; il dolor cuoce
La pecorella, e s’agita e si mesce,
E a compir l’interrotta opra non vali.
Seguitando talun le chiare leggi
Del gran Coltivator, che in val di Tebro