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230 La maestrina degli operai

tori. Perfino quel bruto di zio Maggia, così cocciutamente attento alla lezione tutte le altre sere, le pareva divagato e inquieto. Pur troppo, dunque, i suoi presentimenti non l’avevano ingannata. Ma quello che le dava più pensiero era la faccia di bronzo del piccolo Maggia, sulla quale appariva un’aria di sfida, il riso spavaldo e tristo del discolo senza coscienza e senza cuore, che si sente spalleggiato e aizzato a commettere una cattiva azione, e che ne pregusta la gioia velenosa e la gloria infame. Per la prima volta egli scansava il suo sguardo, abbassando gli occhi diabolici quando ella lo fissava, e nascondendo il sorriso malvagio dietro la mano sporca, con cui si tormentava la lanugine del labbro di sopra. Passò per la mente