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Ed ecco le sue vesti pendono dall’attaccapanni, più nere della loro ombra sulla parete; ecco il cappello in cima sopra un collo sottile di legno che si sporge in avanti, e le maniche della sottana floscia che si abbandonano giù con stanchezza.
E tutto quel fantasma scuro e vuoto, come spolpato e dissanguato da un vampiro, gli destava quasi paura; gli sembrava l’ombra dell’errore dal quale s’era liberato ma che lo aspettava per riaccompagnarlo il giorno dopo per le vie del mondo.
Un attimo; e si accorse con terrore che ricadeva nell’incubo. Non era salvo ancora: bisognava attraversare un’altra notte, come un ultimo tratto di mare burrascoso.
Era stanco, le palpebre gli si chiudevano pesanti, ma un’angoscia indefinita gl’impediva di buttarsi sul letto, e persino di sedersi, di riposarsi in qualche modo.
E continuava ad andare qua e là, indugiandosi a fare delle piccole cose insolite, ad aprire piano piano i cassetti, a guardare che cosa c’era dentro.