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— Se tu farai questo è segno che Dio lo vuole. Ma tu non lo farai, Agnese. Tu puoi odiarmi, ma io ti lascio in pace. Addio.
Ma non se ne andava. Rigido, la guardava dall’alto; e i capelli di lei, molli, lucenti anche nell’ombra, i dolci capelli che egli amava e che tante volte avevano attirato le palme delle sue mani, gli destavano pietà: gli sembravano la benda nera con la quale si fasciano le ferite alla testa.
La chiamò un’ultima volta:
— Agnese?
— È possibile che ci lasciamo così? — aggiunse. — Dammi la mano, alzati: aprimi la porta.
Ella si alzò e parve obbedire; ma non gli porse la mano, e andò dritta verso l’uscio dond’era venuta.
Là si fermò, aspettando.
— Che posso fare? — egli domandò a sè stesso. E sapeva bene che non c’era che un mezzo per placarla: ricaderle ai piedi, peccare e perdersi con lei.