Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 182 — |
Rivedeva fra il nero argenteo dell’erba del prato il fantasma della serva che si volgeva a guardarlo con gli occhi lucenti e gli diceva:
— La mia piccola padrona si farà coraggio, se lei viene.
E tutta la sua giornata di fuga gli appariva ridicola e vile: il suo dovere era quello, di andare da lei, di farle coraggio: si sentiva lieve, quasi felice, attraversando il prato fresco, argenteo dì luna; gli sembrava di essere una grande farfalla notturna attratta da un lume. E scambiava questa sua gioia di rivedere fra pochi attimi Agnese con la gioia del dovere dì andare a salvarla.
Tutta la dolcezza dell’erba del prato, tutta la tenerezza del chiarore della luna gli bagnavano l’anima, gliela imbiancavano, gliela coprivano di rugiada, attraverso le sue nere vesti di morte.
Agnese, piccola padrona! Sì, era piccola, debole come una bambina; era sola, senza padre, senza madre, nel labirinto di pietre di quella sua casa oscura.