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la leggenda di tristano |
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dubitoe molto del suo amico T., ma tutta fiata sí si conforta
e si confida molto nela prodezza di T. E quando Galeotto
vide la sua insegna e li suoi cavalieri, si incominciò forte a
sgridare T. ed a dicegli: «Per mia fé, or se’ tu morto e di
mia mano né non puoi campare, ed eco li miei cavalieri che
vegnono per ucciderti». Allora sí rispuose monsegnore T. e
dissegli: «Io so bene che voi non dite queste parole se non
per spaventarmi e per mettermi paura, [ma io di ciò non temo]
ché voi siete sí alto cavaliere e sí prode, che voi non soffereste, per alcuna maniera di mondo, che nostra battaglia si
disfinisse per altri cavalieri che per noi due. E intra noi due
fue incominciata e per noi due dee essere disfinita; né giá
d’altro cavaliere io non prendere’ guardia se non da voi. Ma
s’io veglio a tanto ch’io vinca la battaglia e li vostri cavalieri vorranno combattere co meco a uno a uno, giá di battaglia io non fallirò loro». A tanto si viene lo re de’ cento
cavalieri cola lancia in mano per fedire T. e T. si colse uno
salto dala parte di Galeotto e lo re di cento cavalieri si
trapassoe oltre. Allora sí comandoe Galeotto alo re, che di
queste cose e’ non si debia intramettere piú: «lasciate finire
la battaglia a noi due». E a tanto vedendo T. la cortesia di
Galeotto e pensando la grande affensione ch’egli avea fatta
a lui, sí come d’uccidere suo padre e sua madre, sí si fece
innanzi T. e si prese la spada e porsela per lo tenere a Galeotto e dissegli: «Io vi priego, Galeotto, sí come buono e
leale cavaliere e sí come lo piú alto principe del mondo, che
voi mi dobiate perdonare vostro maltalento. Imperciò che ciò
ch’io feci sí lo feci per diliverare me e la mia compagnia e
feci l’usanza dell’isola di Gioganti». E Galeotto intendendo
queste parole e intendendo la cortesia di T. e considerando
che avea lo peggio dela battaglia, disse Galeotto a T.: «Per
tanto ti perdono io perch’io veggio che tu se’ uno de’ migliori
cavalieri del mondo. E considerando tua prodezza sí ti perdono tutto mio maltalento, sí come tu hai morto mio padre
e mia madre». Allora sí si gittano ciascheduno le targie di
dietro ale spalle e dislacciansi gli elmi ch’aviano in testa e