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72 la leggenda di tristano


E tanto sí si venne ala nave cambiando il tempo per grande fortuna ed è mistiere che facciano altra via e per forza di tempo. Ed allora sí s’acomandano a Dio ed ali suoi santi, che gli debiano aiutare. Ed allora sí piangono li marenai tutti quanti. E al quarto giorno che cominciò la fortuna, si fuerono arrivati all’isola de’ Gioganti. E T. dice ali mastri marinai: «Ove siemo noi arrivati?». E li marinai dicono: «In male luogo: noi si siemo arivati all’isola deli Gioganti, che qualunqua cavaliere o straniero alcuno ci ariva si è sempremai pregione».


LVIII. — A tanto si vennero XII cavalieri al porto e dicono: «Venite in terra, che voi siete tutti pregioni». Ed allora incominciano tutti a piangere, e madonna Isotta piange e dice: «Oi lassa me, T., hami tue menata di mia terra a dovere essere pregionessa?». A tanto dice T.: «Madonna Isotta, io non vi verroe meno e sí vi dico ch’io combatterò dinfino a tanto ch’io avroe dela vita in su questa nave, e dappoi ch’io non potroe piú, Dio vi consiglierae». Ancora dice madonna Isotta a T.: «Or morremo noi in cotale maniera?». E T. dice: «Madonna, io non soe ch’io altro vi ne possa dire, se non infino ched io potroe tenere la spada in pugno non vi verroe meno». A tanto si prendono consiglio che in pregione avranno alcuno rimedio, meglio che lasciarsi tutti uccidere in tale modo. A tanto sí s’arrendono tutti a pregioni e sono messi presso al porto nel castello di Proro. E madonna Isaotta si appiattoe la spada di T. sottosi e tutte l’altre cose fuorono loro tolte. E sono intrati dentro al’antiporto dele mura delo castello e fuerono tutti messi dentro, e tegnono mente per la pregione, ch’iera in mezzo del castello, e veracemente pare loro pessima e ria, sí come pregione che chi vi sarae messo non n’uscirae mai né vivo né morto. La notte istando lá entro e l’altro giorno, passano quella notte con grande doglia, tale come avere potiano. Al matino si vennero due cavalieri a sapere come istessero li pregioni. A tanto si mette innanzi T. e dice ali due cavalieri: «Dovemo