Pagina:La leggenda di Tristano, 1942 – BEIC 1854980.djvu/368

362 la leggenda di tristano

8
     Quando Tristano si sente fedito,
sí dicea piagnendo a la reina:
«gentil madonna, io sono a tal partito!».
Ysotta, che di lagrime non fina,
di fasciallo non ebe il core ardito;
anzi piagnendo dicea: «tapina!»,
messer Tristan da lei si dipartía
e al castello Dinasso se ne gía.
9
     Po’ che e’ fu al castello arrivato,
puòsesi in letto e incominciò a gridare:
«o me dolente lasso isventurato!
or sono io morto e non posso altro fare:
ché lo re Marco m’ha sí inaverato
ch’altri che Iddio non mi può aiutare».
Dinasso e Sagramor pien di dolore,
sempre piagnevan cogl’occhi e col core.
10
     Dinasso e Sagramor ficion venire
molti maestri e medici a Tristano;
ma la fedita è sí sconcia — al ver dire —
che niuno promette farlo sano;
e cominciò alor forte a putire,
siché abandonan lo baron sovrano,
se non Dinasso e Sagramor amico,
che non l’abandonò com’io vi dico.
11
     Quando il re Marco senti la novella,
come Tristano era presso a la morte,
andonne a la reina, e sí favella;
«or sarò io sicur nella mia corte
né come prima vera la novella».
Dice parlando con parole accorte:
«Reina, or ti diparti da Tristano,
che tanto hae il tuo amor tenuto in mano».