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340 | la leggenda di tristano |
che questo sera l’ultimo dono che ’l vostro Tristano vi debba
mai domandare». E lo re disse: «O caro mio nipote, o mantenitore di mio reame, o difenditore di mia corona, addomandate arditamente quello che piú v’è in piacere». E Tristano
disse: «Io vi dimando in cortesia, facciate venire qui la reina
Isotta, acciò ch’ella sia alla mia morte». E lo re manda tosto
per lei XII baroni; e allora Isotta venne, tuttavia piagnendo,
e pregando Iddio che delle due cose facesse l’una: o che le
desse la morte, o che scampasse Tristano; imperò che mai
uomo non fu tanto disideroso di fare sua vendetta, quanto ella
era di morire. E Tristano vedendo Isotta tanto dolente, fugli
quello maggiore dolore assai che la morte che sofferia; e affrisse tanto dentro, che ’l sangue lo quale di continovo uscía
della ferita, sí gli istrisse al cuore, e alquanto gli diede forza
e costanza: per la quale forza, secondo che pone lo libro, vivette tre ore piú; e ciò gli fu maggiore pena, ché pure morire
gli convenia. E sappiate che lo pianto e lo lamento della reina
Isotta quasi non si intendea: tanto l’era giá mancata la natura;
e piú si consumava dentro, che no’ mostrava di fuori la poca
stabolitá che v’era rimasa. E Tristano, vedendo Isotta, disse:
«Bene venga la mia dilettosa speranza. Ma vostra venuta è
tarda a mia guarigione; ch’io sí vi dico che voi vedrete tosto
morto il vostro Tristano, lo quale avete tanto amato in questo
mondo». E la reina disse: «O cara mia speranza, dunque
sete voi a tal partito, che morire vi conviene?». E detto che
la reina ebbe le parole, sí cadde in terra trangosciata, e astrisse
tanto, che neuna maniera potea parlare. (Cap. CXXVII).
13. — Morte di Tristano e Isotta.
Ora dice lo conto e pone la piatosa storia, che dappoi che lo leale messer Tristano ebbe rendute l’armi e chiamatosi vinto, sí si volta inverso la dolente reina Isotta, e presela a riguardare molto teneramente, e pigliavasi parte del suo piacente viso amoroso, lo quale tanto avea amato in questo mondo;