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334 | la leggenda di tristano |
io sono al presente tristo e dolente». Allora l’uno si diparte
dall’altro; e cavalcando Tristano travia a una fontana, e quivi
dismonta e si riposa. E stato ch’egli fu un poco, ed eccoti
venire un cavaliere errante, lo quale appella Tristano alla
giostra; e Tristano risponde che non avea talento di giostrare,
imperò che avea perduta la possanza e la vertú. E ’l cavaliere
dello scudo vermiglio, lo quale era appellato messer Astore di
Mare, sí disse a Tristano: «Sire, come! non sete voi cavaliere
erante e avventuroso?». «Per mon fe’» disse Tristano, «che
io sono il piú disavventuroso cavaliere del mondo!». «E
donde sete voi?» ciò disse Astore; e Tristano disse ch’era
dello Reame di Cornovaglia. E allora Astore per piú viltá e
dispetto si prese lo scudo di Tristano, che era appiccato al’albero, e gittollo nella fonte, dicendo che ciò faceva a dispetto
dello re Marco e di quello paese.
E Tristano disse: «Cavaliere, voi fate una gran villania; ma pregovi che voi ne lo traiate e rappiccatelo; e sará intanto amendata mia onta». E ’l cavaliere di tali parole giá non curava niente; anzi sen’andava, facendo beffe e le maggiori risa del mondo.
Allora Tristano se ne va alla fonte e trane suo scudo, e riletteselo in braccio; e monta a cavallo e tiene dietro ad Astore, e grida dicendo: «Cavaliere, ora potete voi avere la giostra, se la volete, ché tanto l’avete desiderata».
E Astore, ridendo, volta suo destriero; e allora l’uno viene contro all’altro, e donansi due grandissimi colpi: e Astore ruppe in Tristano sua lancia, e Tristano ferí lui per tal forza, che quanto fu lunga la lancia l’abbatté alla terra. E appresso Tristano si dismonta e tragli suo scudo di braccio e gittollo nella fonte per vendicanza del suo; e appresso va a sua via.
Tutto quel giorno cavalca messer Tristano cosí pensoso, continuo piangendo. Allora scontra una donzella la quale cavalcava molto in fretta, e sí andava duramente piangendo; e portava in mano una lancia corta, con un ferro ben trinciante. Allora Tristano la domanda perch’ella piangeva, e che lancia era quella ch’ella portava, e la donzella disse: «Mia