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318 la leggenda di tristano


e Brandina ripuosono il bottaccio; e abbiendolo riposto, ed eglino s’avvidono come quello era stato lo beveraggio che la reina Lotta tanto loro avea raccomandato. E di tale disaventura molto se ne doliano; e Governale diceva a Brandina: «Nostra malinconia non vale niente; perché fatto è, e non puote stornare». E allora Governale, per grande ira e per superbia, quanto beveraggio era rimaso nel bottaccio, sí lo gittò nello spazzo della nave, dicendo che di sí fatta cosa egli non voleva fare serbanza. E a quel punto, una cucciolina di Isotta, la quale era appellata Idonia, sí leccoe di quello beveraggio sparto; e fue appresso della compagnia degli due leali amanti, e nella sua vita non gli abbandonò mai; e da poi ch’eglino furo morti e seppelliti, ’l terzo giorno si trovò morta sopra l’arca di Tristano e di Isotta E fue tanto fine quello beveraggio e sí amoroso, che, per lo odore che Governale e Brandina sentirono di quello, mai inverso di Tristano né di Isotta non fallirono: e fallar non poteano, tanto quello beveraggio gli facea congiunti. Qui dice uno dottore, che avendo messer Tristano e Isotta e Governale e Brandina e Passabrunello e Idonia, ch’egli avea la piú bella dama, e ’l piú fedele servigiale, e lo piú forte cavallo, e la migliore cucciolina che avesse niuno barone del mondo. E lá dove cadde quello beveraggio, fece di sopra uno napuro e una schiuma di colore d’argento; e dove si sparse, si strinse tanto forte, che tutti gli ferri del mondo non ne arebbono levato. E è oppenione che mai in quello luogo lo legno non venisse meno, per la possanza di quello beveraggio. E alcuno libro pone, che quello beveraggio fue ordinato di tante e sí forti polvere, e di tali pietre preziose, che, a volerle stimare, valevano piú di cento marche d’oro.

E avendo Tristano bevuto questo beveraggio, egli si maraviglia molto molto, perché sua volontá né suo pensiero egli in alcuno modo non poteva raffrenare. E simile e in tale modo era infiammata madonna Isotta, cioè di lui; e per tale l’uno guatava l’altro; e per lo molto mirare, l’uno conosce il disio e la volontá dell’altro. E a quel punto dimenticarono lo giuoco