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appendice 315


parla lo re a Tristano, e disse: «Sire, uccideste voi l’Amoroldo a tradimento?». E allora rispuose messer Tristano allo re Languis, e disse: «Certo, sire, la veritá si è, che io l’uccisi, ma non giá a tradimento; imperò che giá mai io non fui traditore, né piaccia a Dio, che mai sia; ma io l’uccisi come fa uno cavaliere un altro, per diritta battaglia, ordinata tra noi due. E se fosse alcuno, che dir volesse, o fosse tanto ardito, ch’io l’avessi morto a tradimento, io l’appello al campo alla battaglia; e mostrerògli per virtú e forza d’arme, come io l’uccisi di leale battaglia, ordinata per noi due. E mostrerò, e sia qual vuole, che giá mai non fu’ io traditore, né tradimento feci mai». E lo re, vedendo Tristano sí giovane e tanto bello cavaliere, sí pensò uno poco, e poi disse: «Tristano, eravate voi a quel tempo di tanta forza, che in dritta battaglia aveste tratto a fine l’Amoroldo, lo quale fu lo migliore cavaliere del mondo?». E Tristano disse: «Sire, io non sono ora in tempo di vantarmi; ma la opera fu ed è a presente manifesta per piú di cinquecento cavalieri di questo paese, i quali furono allo luogo, e viddono tutto lo convenente; eglino possono dire tutta la veritá, come andò la bisogna». E allo re questa cosa era bene manifesta, e sapeva bene quello che n’era stato tutto di quella battaglia, e come era finito: il modo e tutto; ma volentieri coglieva cagione addosso a Tristano per fargli tagliare la testa, e per soddisfare alla reina, sua dama. Ma a tutta gente pareva di Tristano grande peccato; ché conosceano che, o torto o ragione ch’egli avesse, lo re lo voleva fare giudicare. E sappiate che la gentile donzella Isotta era sempre appresso dello re, quand’egli esaminava Tristano; e per tale maniera ella aveva di ciò grande cruccio e grande dolore; però ch’ella sapeva bene che lo Amoroldo non era stato ferito, né morto da Tristano per tradimento; anzi e’ gli avea udito dire, quando la reina lo medicava, ch’egli non avea giammai trovato lo piú leale né lo piú cortese combattitore, come era stato quello, con cui egli fece la battaglia, di ch’egli ne morí. Veramente, alla bella Isotta pareva molto male e grande peccato di vedere