parla lo re a Tristano, e disse: «Sire, uccideste voi l’Amoroldo a tradimento?». E allora rispuose messer Tristano allo
re Languis, e disse: «Certo, sire, la veritá si è, che io l’uccisi, ma non giá a tradimento; imperò che giá mai io non
fui traditore, né piaccia a Dio, che mai sia; ma io l’uccisi
come fa uno cavaliere un altro, per diritta battaglia, ordinata
tra noi due. E se fosse alcuno, che dir volesse, o fosse tanto
ardito, ch’io l’avessi morto a tradimento, io l’appello al campo
alla battaglia; e mostrerògli per virtú e forza d’arme, come
io l’uccisi di leale battaglia, ordinata per noi due. E mostrerò,
e sia qual vuole, che giá mai non fu’ io traditore, né tradimento feci mai». E lo re, vedendo Tristano sí giovane e
tanto bello cavaliere, sí pensò uno poco, e poi disse: «Tristano, eravate voi a quel tempo di tanta forza, che in dritta
battaglia aveste tratto a fine l’Amoroldo, lo quale fu lo migliore cavaliere del mondo?». E Tristano disse: «Sire, io
non sono ora in tempo di vantarmi; ma la opera fu ed è a
presente manifesta per piú di cinquecento cavalieri di questo
paese, i quali furono allo luogo, e viddono tutto lo convenente; eglino possono dire tutta la veritá, come andò la bisogna». E allo re questa cosa era bene manifesta, e sapeva
bene quello che n’era stato tutto di quella battaglia, e come
era finito: il modo e tutto; ma volentieri coglieva cagione
addosso a Tristano per fargli tagliare la testa, e per soddisfare alla reina, sua dama. Ma a tutta gente pareva di Tristano grande peccato; ché conosceano che, o torto o ragione
ch’egli avesse, lo re lo voleva fare giudicare. E sappiate che
la gentile donzella Isotta era sempre appresso dello re, quand’egli esaminava Tristano; e per tale maniera ella aveva di
ciò grande cruccio e grande dolore; però ch’ella sapeva bene
che lo Amoroldo non era stato ferito, né morto da Tristano
per tradimento; anzi e’ gli avea udito dire, quando la reina lo
medicava, ch’egli non avea giammai trovato lo piú leale né
lo piú cortese combattitore, come era stato quello, con cui
egli fece la battaglia, di ch’egli ne morí. Veramente, alla
bella Isotta pareva molto male e grande peccato di vedere