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appendice 311


l’oro del mondo». E Tristano disse: «Amoroldo, io vi conosco per pro’ e per ardito, e veggiovi armato e hovvi veduto giá disarmato; e anche voi servi’ a tavola alla corte dello re Fieramonte, lá ove smontaste e mangiaste». E a quel punto, a l’Amoroldo risovvenne sí come questo era lo donzello, lo quale lo folle aveva detto ch’egli si guardasse da lui; e allora molto dottò, e disse: «Cavaliere, io vi voglio perdonare questa battaglia, perch’io sono certo che tu l’hai impresa per poco senno; e a me non sarebbe grande onore a mostrare contro di voi grande possanza». Rispuose Tristano: «Se voi rifiutate lo tributo, lo quale voi domandate allo re Marco, io lascerò bene questa battaglia; ma in tale maniera, non la lascerei io giammai per nulla guisa». E l’Amoroldo disse a Tristano: «Quello ch’io v’ho detto io, l’ho detto per pietade che m’è venuta di voi, che siete tanto giovane cavaliere: non per tanto ch’io lasciassi il mio tributo». E Tristano disse: «Sire, grande mercé, che avete tal pietá di me, perché sono giovane cavaliere. Cosí vorrei vi rimovesse la coscienzia di non domandare allo re Marco lo tributo, che voi domandate; ché sanza ragione voi lo volete avere». L’Amoroldo disse a Tristano: «E’ non fa mestiere tante parole, ché ’l torto e ’l diritto difenderá la buona punta della spada». E sappiate, signori, che credendo l’Amoroldo ragionare, egli sí in questa parte profetizzò e diede diritta sentenza; imperò che la punta della spada gli rimase nella testa sua, sí come voi udirete, e fu quella che fece lasciare lo tributo. E a tanto, l’uno cavaliere si disfida l’altro, e l’uno si dilunga dall’altro tanto quanto uno arco puote gittare; e vennonsi a fedire colle lance in mano, ché bene rassembravano lioni; e allo abbassare delle lance si feriscono per tale vigoria, che le lance spezzarono in piú pezzi, e li cavalli andarono alla terra; non che però eglino perdessero staffe. E allora gli franchi cavalieri feriscono gli buoni destrieri degli sproni, e fannogli rilevare suso in piedi. E appresso mettono mano a loro mazze di ferro, e cominciano tra loro una crudelissima e aspra battaglia; e davansi sí grandi colpi, che tutt’i loro elmi loro risuonavano in testa. Eglino