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la leggenda di tristano 25


scalco ch’apparechi tutte quelle cose che facciano bisogno, imperciò ch’alo matino lo vuole fare cavaliere. E tutta la notte vegghia T. nela ecresia, sí come iera loro usanza, e fue accompagnato dali cavalieri, e al matino lo fece cavaliere a grand’onore. E dappoi che fue fatto cavaliere, vennero al palagio: ma tuttavia dice la giente che Dio non fece unqua piú bello cavaliere di lui e tutto lo giorno armeggiano cavalieri e damigelli per amore di T. E maggiore allegrezza avrebero fatta, se no fosse per la tristizia ch’egli aveano.

E lá ov’egli ierano in tale allegrezza e li ambasciadori tornarono e dissero: «Re Marco, come risponde tu del trebuto?». E lo re Marco non rispuose né alcuno deli suoi cavalieri. E T., vedendo che lo re Marco non rispondea, levossi ritto e disse agli ambasciadori: «Se gli nostri anticessori pagarono lo trebuto a quegli d’Irlanda, e noi che siemo ora no lo volemo pagare. E s’egli vuole pur dire che noi dobiamo pur pagare lo trebuto, io l’appello ala battaglia e mostrerogli per forza d’arme si come noi no lo dobiamo pagare». Ma quando gli ambasciadori intessero le parole che T. avea dette, dissero: «Re Marco, dice ’gli per vostra volontá lo cavaliere quello che dice?». Ed egli rispuose e disse che sie. E T. s’inginochia davanti alo re e dissegli: «Messer, donatemi lo guanto dela battaglia col’Amoroldo». E allora lo re si gli diede lo guanto e T. ringrazia lo re. E gli ambasciadori dissero: «Chi siete voi che prendete la battaglia sopra di noi? perché l’Amoroldo non intrerebe al campo per cosí alta battaglia, se voi non foste [cavaliere] di legnaggio». E T. disse: «Per ciò non lascierá egli di combattere con meco, ché s’egli è cavaliere e io sono cavaliere, e s’egli è figliuolo di re ed io fui figliuolo di re e fui figlio deio re Meliadus di Leonois e lo re Marco che qui è è mio zio. E imperciò la battaglia giá non rimarae ch’ella non sia intra noi due». E allora si partirono li cavalieri e tornarono al’Amoroldo e dissero: «Uno cavaliere è fatto oggi nela corte del re Marco, il quale v’apella che vuole intrare con voi al campo per questo trebuto, perché dice che non è ragione che lo trebuto eglino vi debiano dare, ed è