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302 | la leggenda di tristano |
al mattino lo re lo fe’ cavaliere; ma non gli cinse la spada a
quel punto, imperò che a nissuno non la cigneva se non era
in tempo di xxv anni. E dèlli arme e cavallo e tutte insegne
divisate, sí come portava lo re Bando suo padre; ciò è il
campo azzurro e una banda d’argento. E la reina Ginévara
vedendo lo cavaliere novello tanto bello, tantosto innamorò di
lui ed egli di lei; e l’uno disiava per amore l’altro, e volentieri si servivano l’uno l’altro, e volontieri si sarebbeno voluti
ritrovare insieme: ma, per temenzia e sospetto che avevano
che non fusse chi se n’avvedesse, si restavano e rimanevansi
con loro volere. Ma pure s’amavano di buon core, e ciascuno
di lo’ era dato tutto ad amore, e celatamente si servivano di
quello che potevano. (Cap. VI).
2. — Nascita di Tristano.
Manifesto vi sia che, tornato che fue lo re Meliadus alla cittá di Lionis con sua dama, tutta gente mostrava grande allegrezza, sí per la pace fatta e sí perché lo re Meliadus avea presa dama: ché troppo erano piú contenti d’essere sotto lo re Meliadus e di chi di lui discendesse, che essere suggetti ad altro sire; però che lo re loro era benigno e cortese signore. E a quello punto, come fue piacere di Dio, la reina Eliabella si ingravidoe: di ciò tutta maniera di gente ne mostraron grande allegrezza. E dimorando per piú tempo, lo re Meliadus sí andò a cacciare con molti altri baroni, sí come erano usati. E cacciando in tale maniera per lo grande diserto di Medilontas, lo re solo sí prese a seguitare uno cerbio: tanto gli andò dirietro sí a lungo, ch’egli si smarri da sua compagnia. E allora egli se n’andò alla fontana del Dragone, e quivi dismontò e si riposa; e donò da bere al suo cavallo. E riposato ch’egli fue uno poco quivi, sí v’arivò una bella donzella; la quale dice allo re: «Sire Meliadus, Cristo nostro Sire sí vi doni buona vita». Lo re rispuose: «Dama, voi siate la ben venuta». E quella dice: «Re Meliadus, io vi