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294 | la leggenda di tristano |
cavaliere fusse in vita. E elli teneva la sua mano sinistra dinanzi suo petto tutta chiusa, altresi come s’elli tenesse afibbiato
suo mantello; e lo braccio destro teneva teso inver le genti,
e teneva in quella mana [la] spada tutta nuda, ciò era quella
spada medesima con la quale l’Amoroldo fue ucciso, e alo
piatto dela spada avia scritte lettere, che dicieno: T. L’altra
imagine ch’era fatta in sembianza di donna, avea lettere in
mezzo del petto che dicieno: Y. E sappiate che l’uomo non
arebe trovato a quello punto in tutto lo mondo due imagine
sí bene fatte, che quelle non fussero meglio.
CCXLIV. — Quando Sagramor, che troppo è dolente dela morte di T., ebbe tanto dimorato; [dopo] dela morte di T., in Cornovaglia, come a lui piacque, e poi si partí e venne alo mare, e passa oltre e arivò nella Grande Brettagna; e portonne seco lo scudo di T., coperto d’uno drappo di seta, racamato ad oro, e portava la sua spada a collo, e nulla altra spada non portava. E quando elli fue arivato nel reame di Longres, ed elli disse che se ne anderebbe a Camellot, lo piú tosto ch’elli potrá.
CCXLV. — Uno giorno ch’elli cavalcava per una foresta, e elli venne uno cavaliere armato di tutte arme incontra di lui, che se n’andava indiritto verso la riva del mare e veniva inverso la magione del re Artú. Quando Sagramor lo vide venire, elli s’aresta, e lo cavaliere venne infino a lui e lo saluta, e Sagramor li rende suo saluto. E poi lo dimanda e dice: «Siri cavaliere, onde venite voi? Fuste voi ala magione del re Artú? Sapete voi novelle di quello ostello?». «Certo» disse lo cavaliere, «anco non sono due giorni che io me ne partí da quello ostello. Ma per la fede che io do a Dio, unquamai non vidi quello albergo sí disconfortato, sí come elli era a quello punto che io mi partí. Lo re piangeva sí perdutamente, come s’elli vedesse dinanzi da sé morto tutto lo mondo; che in quello giorno medesimo gli erano venute novelle che Palamides era morto, e lo re Bandemagus morto e Erdes filio [di] Lancilotto