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la leggenda di tristano | 273 |
d’abattere iij cavalieri. Ma se voi volete fare cavallaria, fare
lo potete». «Certo» disse messer T. «se voi non me n’aveste
apellato, io me ne seria sofferto di giostrare. Ma poi che voi
me n’avete appellato, io giosterò, perciò che se io nol facesse,
voi lo terreste a codardia e se di ciò io vi fallisse. Ora mi
fate venire una lancia, perciò che la mia è rotta, e poi incuminceremo la giostra, e a cui Dio ne dá l’onore sí sel prenda».
«Ciò mi piace» dice Erdes, e fece aportare una lancia a
messer T. E messer T., che bene vede che di grande forza
è Erdes, cavaliere novello, e della giostra sapia assai, ascende
in terra e riguarda suo cavallo: vidde che no li falla nulla.
E quando elli l’ha riguardato, e elli disse a Erdes: «Ugiumai sono io aparecchiato di giostra fare, quando altrementi
non puote essere». E cosí incominciano la giostra li due cavalieri, davanti ala fontana. Messer T. sí lassa correre a Erdes
e Erdes a lui, e sí si vengono a ferire di sí grande forza,
come elli potieno del cavallo traere. E quando venero al giostrare, e le lancie volano in pezzi. Apresso ciò ch’elli hanno
rotte loro lancie, elli si vengono a ferire degli scudi, sí duramente che lo piú frale li convenne gire ala terra. Erdes,
che non avia tanta forza quanta avia messer T., fu sí duramente incontrato che non avia né forza né valore ch’elli si
tenesse in sella, anzi cadde in terra quasi intronato, sí ch’elli
non avia membro che no li dolesse, e per ciò fu sí intronato
che non sa s’elli fusse giorno o notte. Quando messer T. vide
queste cose, elli se ne va per una lancia ch’era apoggiata ad
uno albore, per ciò che non si voleva partire senza lancia,
s’elli altro potesse fare; quando elli l’ha in sua balia, e elli
disse a messer Estor: «Siri, cavalchiamo, s’elli vi piace, ché
da quelli cavalieri siamo noi bene diliberati, la Dio mercé».
Disse messer Estor: «Ciò è vero, ala Dio mercé e dela bontá
vostra».
CCXVIII. — A tanto si misero alla via senza altra dimoranza. Quando lo figlio del re di Norgales vide come li due cavalieri se n’andavano in tale maniera, avendoli cosí sconfitti,