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la leggenda di tristano | 265 |
siete diliverato per lo migliore cavaliere, ched io unqua udisse
contare, sí com’è monsignor T. di Cornovaglia. Onde io voglio che voi sappiate che monsignor T. hae tanto fatto d’onore
e di cortesia a voi, che tutti gli altri cavalieri gli deono portare molto grande onore, e io ispecialmente gli debo portare
piú d’onore che neuno altro cavaliere di vostra corte. Imperciò
che voi sapete che al tempo che voi eravate in Gaules ala
corte delo re Pellinoro, con tutti gli altri cavalieri, e lo re
Languis d’Irlanda venne a Cameliotto per difendersi delo
tradimento ond’egli era appellato; e allora combatteo monsignor T. per lo re Languis d’Irlanda, e Branoro mio cuscino
combatteo co lui. E quando venne ala fine dela battaglia, e
monsignor T. vinse Branoro per forza d’arme, né no lo volle
uccidere in nessuna maniera, sí come udito avete e inteso.
E ora hae diliverato voi per sua prodezza. E imperciò io mi
metterei volontieri in aventura per trovare lui, se non fosse
che sarebe troppo grande villania di lasciare voi; imperciò
che noi siemo istati troppo tempo diffuori dala vostra corte».
Molto parla monsignor Lansalotto di questa aventura.
CCIX. — Ma in questa parte dice lo conto, che quando monsignore T. fue partito, sí come detto è, egli cavalcoe inverso lo diserto, molto allegro di ciò ch’egli avea avuto sí alta aventura. Ma dappoi ch’egli fue ala fontana, egli ismontoe da cavallo e tolsesi lo scudo da collo e l’elmo di testa, e lo cavallo sí lascioe pascere appresso di lui; e fece suo proponimento e disse: «Certo io no mi partiroe giamai di qui, dinfin a tanto ch’io non troverò lo cavaliere, lo quale mi diede cosí grande colpo; imperciò ch’io credo ch’egli sia pro cavaliere. E imperciò voglio cercare di lui, imparciò ch’io so ch’egli sí verrae a questa fontana». E a tanto sí comiticioe a posare, a piede ad uno albore. Ma tanto dimoroe in cotale maniera, che lo giorno fue trapassato e la notte fue venuta, nera e scura. E quando la notte fue venuta, e monsignor T. incomincioe a posare, imperciò ch’a lui abisognava, e dormio dinfino alo giorno, e quando gli augelli isvernano