Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
258 | la leggenda di tristano |
prese la lancia e andò inverso lo cavaliere. E lo cavaliere
venne inverso di lui e fegonsi cole lande abassate, e lo cavaliere ferio a monsignor T. e diedegli sopra lo scudo si
grande colpo, che tutta la lancia si ruppe in pezzi, ned altro
male no gli fece. E monsignor T. sí ferío a lui sopra lo scudo
e passogli lo scudo e l’asbergo e misegli lo ferro dela lancia
nele coste sinestre, e molto in profondo, e miselo in terra del
cavallo. E quando monsignor T. ebe fatto questo colpo, ed
egli sí andoe alo re e disse: «Re, io v’acomando a Dio, impererò che a me sí abisogna di partirmi, e voi sí averete
oggimai compagnia dali vostri cavalieri». E quando lo re
intese queste parole, fue molto allegro e disse: «Cavaliere,
a Dio siate accomandato; ma tutta fiata vi priego che voi sí
dobiate venire a Camellotto, quanto voi potete piú tosto, ch’io
abo troppo grande volontade di vedervi in mia corte». E T.
rispuose e disse: «Ree, io verrò a voi al piú tosto ched io
potroe». E istando per uno poco, T. sí incominciò a cavalcare e andò a sua via, pensando in quello che gli era adivenuto, e in poca d’ora si dilungoe tanto che lo re no lo pottea
vedere. Ma a tanto lascio lo conto di parlare di monsignor T.
e torno alo re Arturi, di cui si vuole divisare la storia verace.
CCII. — A tanto dice lo conto, che dappoi che monsignor T. fue partito, sí come detto è, e lo re sí andò alo cavaliere, lo quale iera abattutto da monsignor T., sí come io v’ho detto, e dissegli: «Cavaliere, e come istate voi? avete voi fedita, onde voi abiate damaggio? Ché per mia fé di vostro damaggio mi pesa e mi duole troppo». E quando lo cavaliere ch’iera abattutto da cavallo intese queste parole, fue molto doloroso, credendo che lo cavaliere dicesse queste parole in dispregio di lui. Ma istando per uno poco, ed egli sí rispuose e disse: «Cavaliere, ora sappiate ch’io non ho tanto male, quanto voi credete forse ch’io abia. E impererò vi dico che s’a Dio piace, voi non avrete neuna allegrezza di me a questa fiata. Ma tuttavia vi priego, che voi sí mi diciate chi voi siete, e a tanto vo’ diroe di mio damaggio». E quando