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256 | la leggenda di tristano |
giá è più d’un anno passato. E tanto vi sono istato dinfino
che la dama di Lacca m’intramise quella damiscella la quale
[sí] menoe voi [a me; e allora mi scontrò] davante [la porta
del] palagio [che voi vedeste]. Ma quando la damiscella
m’ebbe veduto, ella sí venne inverso di me e mi prese per
lo freno, e non mi lasciò infino ch’ella mi tolse l’anello di
dito, ond’io iera cosí incantato. E quando m’ebbe tolto
l’anello, ed ella andò a sua via. Ma la damiscella, la quale
m’avea cosí incantato, vedend’ella com’io era diliverato di
quello anello, incontanente sí fece montare a cavallo iiij
cavalieri, i quali erano suoi cuscini, e vennermi a ferire,
ond’eglino sí mi misero in terra del cavallo, sí come voi
vedeste. E quando la damiscella mi vide a terra delo cavallo, incontanente sí mi prese per l’elmo e slacciolmi, ed
allora incontanente li cavalieri si ismontarono da cavallo, salvo
uno, e voliami uccidere. E imperciò sappiate che quella damiscella, la quale sí vi menò a me, quella fue la damiscella
dela dama di Lacche. Onde voi m’avete per vostra prodezza
diliverato, perch’io sono al certo ch’io sarei morto, se voi
non m’aveste soccorso. Onde io pensando nel grande damaggio che la damiscella m’avea fatto e sí com’ella mi volle uccidere, io non mi potti attenere in nessuna maniera, ch’io no
l’uccidesse. E per questa cagione fu’ io preso in questo diserto. Oggimai non mi ne puote riprende[re] neuna persona
e non credo che né da voi né da neuna persona io ne debia
essere biasimato, per questa cagione ch’io detto v’hoe».
CC. — Ma in questa parte dice lo conto, che quando monsignor T. intese queste parole, fue molto allegro; ma molto si maravigliava dei’anello, quando avea così grande ventura. Ma istando per uno poco, disse: «Certo, monsignor lo ree, noi sí dobbiamo stare allegri di questa aventura, quando tanto ha fatto quella damiscella, sí come voi detto avete. Ma per mia fé, io vorrei sapere da voi, se la damiscella, la quale mi menò quie, ella sapea se li cavalieri vi voliano uccidere; imperciò ch’ella sí dicea a me che in questo giorno avenia