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la leggenda di tristano |
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che s’è partito colui cu’ io amava piú che me e ora no lo
veggio si come io solea fare, conosco e sento che amore mi
distringe in tale maniera che oramai la mia vita poco puote
durare. E imperciò ch’io n’abbo inteso che la morte è la piú
dolo[ro]sa cosa ch’altri possa sofferire; ma a me la morte tornerá
in dolzore, dappoi che lo mio amore campai dala morte.
E perciò io voglio morire con quella ispada cola quale T.
dovea essere morto». E allora la damigella si chiamò uno
iscudiere, lo quale iera gentile uomo, e fecegli giurare di tenere
credenza «tutto ciò ch’io ti diceroe». Ed appresso la
damigella si gli disse: «Io voglio che tue mi faccie uno mesaggio,
che vada da mia parte a T. e portigli mille salute
dala mia parte e daragli questa lettera, la quale io ti darò
ed apresso si gli presenterai questa bracchetta dala mia parte,
la quale è la piú bella e la migliore che cavaliere potesse
avere. E anche si gli menerai lo mio distriere, lo quale è lo
migliore ched egli unque avere potesse. Ma tuttavia si voglio
che tu gli dichi da mia parte che egli per lo mio amore si
ti tenga con esso lui. E imperciò si voglio che, anzi che tu
da me ti parti, si voglio che tu veggi la morte ched io faroe
per lo suo amore». E allora si prese la damigella la spada
e puose lo pomo in terra e la punta si si puose dirittamente
per me’ lo cuore, e disse: «Dolce mio amico T., ognuomo
sappia ched io m’uccido per lo tuo amore». E incontenente
si lasciò cadere in su la spada e fue morta incontanente. E
lo scudiere, dappoi che vide morta la damigella, montò a cavallo
e prese la bracchetta e la lettera e partesi dala corte
delo re Ferramonte e tanto cavalca quanto puote a sue giornate,
che giunse a T. appresso d’uno castello, lo quale si si
chiama Tintoil. Ma Governale, guatandosi indietro, vide questo
iscudiere che cavalcava appresso di loro e disse a T.: «T.,
eco uno uomo a cavallo». E T. disse: «Io l’aspetteroe, ché
giá per uno uomo non deggio io fuggire». A queste parole
lo scudiere fue giunto e saluta T. cortesemente e T. li rende
lo suo saluto. Appresso disse: «Io si vi saluto da parte di
Belicies, la figliuola delo re Ferramonte, la quale vi manda