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la leggenda di tristano | 19 |
disinore, e andiamone in Cornovaglia alo re Marco ch’è tuo zio, e quivi potrai imprendere tutto ciò ch’apartiene al’ordine dela cavalleria. E non ti dare a conoscere che tu sii suo parente». E T. disse: «Maestro, io sono per fare quello che voi volete». Allora si ne viene Governale e T. davanti alo re e disse: «Istato sono in vostra corte, si come voi sapete, e ora mi conviene tornare in mia terra. E imperciò i’ ti priego che ti piaccia di darmi commiato». E lo re disse: «Di queste parole sono io troppo dolente, né non vorrei che tu ti partisse in neuna maniera. Ma dappoi ch’io veggio lo tuo volere, io si ti doe commiato; ma tu mi dirai cu’ figliuolo tu fosti». E T. disse: «Non mi darete voi commiato s’io non vi dico mio convenentre?». E lo re disse di no. Ed egli disse: «I’ho nome T., e lo re Meliadus si fue mio padre». E lo re Ferramonte disse: «Come? e fostú figliuolo delo re Meliadus de Leonis? Certo, T., bene il mi dovei piú tosto dire tuo convenentre. E imperciò non voglio che tu ti parti di mia corte, ma io ti voglio donare uno dono e voglio che tu si sie segnore delo mio reame a tutto tuo senno e a tua volontade». Molto è dolente lo re F’erramonte perché non hae conosciuto T. per lo tempo passato. Ma T. disse che non rimarebbe per nesuna maniera, e allora lo re con grande dolore si gli diede commiato.
XI. — Or dice lo conto che tutti li baroni e li cavalieri delo re sono troppo dolorosi dela partenza di Tristano. Alo matino e T. si si leva e monta a cavallo egli e li suoi compagni, e lo re e tutti li suoi baroni accompagnano T. E alo dipartire lo re proferse a T. e sé e lo suo reame, e dappoi lo re ritornoe in su lo suo palagio. E T. cavalca quanto puote a sue giornate, tanto che pervennero appresso a Cornovaglia.
XII. — Ma dappoi che Belicies seppe che T. s’iera partito dalo reame di Gaules e andava per dimorare in Cornovaglia, incominciò a fare il maggiore pianto ch’unqua mai fosse fatto per neuna damigella, dicendo ella infra se istessa: «Dappoi